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Cobalto: la storia di un metallo artistico

GA
Giuseppe Avolio

8 min

Il cobalto è stato utilizzato per creare un colore rivoluzionario amatissimo dai pittori dal 1800 in poi: il blu cobalto. Qual è la sua storia?

Il cobalto è stato utilizzato per creare un colore rivoluzionario amatissimo dai pittori dal 1800 in poi: il blu cobalto. Qual è la sua storia?

Il cobalto, un metallo bianco con riflessi azzurri, ha avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’arte. Il monossido di cobalto, infatti, è un ingrediente fondamentale per la realizzazione del blu cobalto, un colore che ha affascinato generazioni intere di pittori, soprattutto quelli della corrente impressionista. Qual è la sua storia? E quali altri casi d’uso possiede?

Cobalto: l’identikit 

In questa sezione, prima di partire con contenuti più leggeri e artistici, forniremo l’identikit di questo particolare metallo: che cos’è, chi lo controlla e perché è importante.

Che cos’è il cobalto?

Il cobalto è un metallo bianco argenteo che, in casi estremi, può essere anche blu. Il nome sarebbe associato al medico e alchimista svizzero Paracelso, che coniò il termine latino cobaltum a partire dal tedesco kobolet. Questa parola veniva utilizzata dai minatori tedeschi per descrivere dei “folletti”, accusati di scambiare i metalli preziosi con dei metalli inutili, come nel caso del cobalto con l’argento (molto simili esteticamente).

Dove si trova il cobalto? 

Il cobalto, tanto nell’estrazione quanto nella raffinazione, è concentrato nelle mani di pochissimi attori. Per quanto riguarda l’estrazione, i top 3 detengono l’81% della quota mondiale delle attività a essa connesse, con la Repubblica Democratica del Congo in prima posizione assoluta. Lo stato centrafricano, infatti, nel 2024 ha prodotto 182 kt (una kilotonnellata equivale a un milione di kg) di cobalto mentre la seconda, cioè l’Indonesia, è arrivata “solo” a 33 kt. In terza e ultima posizione troviamo la Russia, con 6 kt estratte l’anno scorso. 

Una volta estratto, il cobalto deve ovviamente essere raffinato. Qui la concentrazione è ancora maggiore: la top 3 delle nazioni raffinatrici è responsabile per l’89% dei processi di raffinazione. In questa classifica, al primo posto troviamo la Cina, che nel 2024 ha raffinato 196 kt di cobalto, ovvero più del 70% del totale estratto a livello mondiale. Sul secondo gradino del podio c’è la Finlandia, con 20 kt, mentre la terza posizione se la prende il Giappone, con circa 6 kt.  

Sulla base di questi dati, si potrebbero aprire mille discorsi relativi ai rischi di tale accentramento sulla catena di approvvigionamento, di cui parleremo nell’ultimo paragrafo. 

A cosa serve il cobalto?

Tra le principali applicazioni troviamo sicuramente il settore energetico, che attualmente è il traino principale della domanda globale: viene utilizzato principalmente nelle batterie ricaricabili ed è un componente cruciale per le batterie agli ioni di litio, fondamentali per il funzionamento di veicoli elettrici, smartphone e computer portatili. 

Il cobalto viene anche impiegato nel settore aerospaziale e della difesa, poiché le leghe a base di questo metallo sono iper resistenti al calore, alla corrosione e al deterioramento. Nello specifico, sono usate per la progettazione di turbine per motori a reazione, di componenti di veicoli spaziali e, in generale, per i materiali con applicazione militare.  

Un’altro caso d’uso è relativo all’ambito medico: le leghe di cobalto-cromo sono biocompatibili e resistenti all’usura, per cui hanno le caratteristiche adatte per essere delle protesi perfette, tanto a livello ortopedico (ginocchio e anca) quanto dentistico (corone e impianti dentali). 

Passiamo adesso a temi più rilassanti: il cobalto nell’arte.

Blu cobalto: un colore che ha fatto la storia

Il blu cobalto è un colore che viene inventato nei primi anni dell’800, in Francia, per motivi artistici, ovviamente, ma anche e soprattutto economici. Fino a quel momento, infatti, il blu non era un colore così “democratico”: il blu più utilizzato – il migliore per qualità e per effetto desiderato – era il cosiddetto blu oltremare. Questa tonalità, considerata il blu per antonomasia, era estremamente costosa poiché ottenuta attraverso la lavorazione dei lapislazzuli, pietre preziose importate dalle miniere afghane – per questo “oltremare” – e pagate letteralmente a peso d’oro

I costi erano tanto proibitivi che i pittori dell’epoca si limitavano ad utilizzarlo per opere importanti e, quando potevano, lo sostituivano con un pigmento simile più economico, l’azzurrite. Naturalmente, l’effetto ottenuto era nettamente differente – come bere un Campari Spritz fatto con un Campari “finto”, pagato un terzo rispetto all’originale. Era quindi necessario trovare un altro blu, che avesse le stesse caratteristiche del blu oltremare ma con costi ridotti. Arriva il momento della svolta

Perché e come nasce il blu cobalto?

Grazie alla richiesta che il Ministro degli Interni francese Jean-Antoine Chaptal fece al celebre chimico Louis-Jacques Thénard. Il ministro chiese al chimico di risolvere questo problema del blu, trovando un equivalente economico al blu oltremare. Thénard si mise all’opera e nel 1802 scopri che, attraverso la sinterizzazione del monossido di cobalto con l’ossido di alluminio a 1200 °C, si poteva ottenere una miscela che rispondeva al desiderio del Ministro degli Interni. 

Da quel momento, gli artisti dell’epoca ebbero la possibilità di sperimentare utilizzando un colore che, fino a qualche attimo prima, non poteva essere sprecato. L’importanza di avere a disposizione grandi quantità di blu cobalto è tale che il celebre pittore Pierre-Auguste Renoir affermò (o almeno così si crede): “una mattina, siccome uno di noi era senza il nero, si servì del blu: era nato l’Impressionismo”. Una cosa del genere sarebbe stata impossibile col blu oltremare. 

Monet e lo stesso Renoir iniziarono ad utilizzare stabilmente il blu cobalto per le ombre, abbandonando il nero. Oltre l’Impressionismo, altri importanti pittori fecero uso di questa tonalità di blu nei loro capolavori: Van Gogh ne “La Notte Stellata”, Kandiskij ne “Il Cavaliere Azzurro”, Mirò nel suo “Figure di Notte guidate da tracce fosforescenti di lumache”, per citarne alcuni. Una vera e propria rivoluzione. 

Una riflessione interessante: cosa lega il cobalto a Bitcoin? 

Al di là dell’arte, la storia del cobalto ci mette di fronte a una riflessione che, per certi versi, potrebbe confermare qualcosa che a noi di Young Platform sta molto a cuore: come anticipato sopra, il tema è relativo all’accentramento della catena di approvvigionamento e ai rischi che tale oligopolio porta con sé. In sintesi, si tratta del parallelismo tra il passaggio dal blu oltremare al blu cobalto e la transizione dal gold standard al sistema a valuta fiat. Ma procediamo per gradi. 

Dal blu oltremare al blu cobalto

Abbiamo visto che l’introduzione del blu cobalto nel 1802 ha avuto ricadute positive sul mondo artistico, dal momento che ha reso possibile la sperimentazione a basso costo di un colore considerato, fino a quel momento, abbastanza elitario. Tuttavia questa gradazione, molto utilizzata anche ai giorni nostri, è fortemente legata all’estrazione e alla raffinazione del cobalto, concentrata nelle mani di pochissimi attori

Tolta la questione etica, importantissima, legata allo sfruttamento del lavoro minorile e alla violazione dei diritti umani, che Repubblica Democratica del Congo e Cina, purtroppo, sembrano ignorare, consideriamo i meri aspetti logistici: quella del cobalto è una filiera in cui la totalità delle attività di estrazione e di raffinazione è concentrata, rispettivamente, per l’81% e per l’89% nelle mani di tre attori. Una situazione del genere, come vuole la teoria della diversificazione, è molto pericolosa perché rende il sistema vulnerabile agli shock, sia endogeni che esogeni. Infatti, eventi legati all’instabilità politica o alle questioni di economia interna da una parte, e ai disastri naturali o alle guerre dall’altra, potrebbero causare l’interruzione della fornitura a livello globale proprio perché i distributori della stragrande maggioranza del prodotto sono letteralmente tre. Il risultato, quindi, è una pesante dipendenza dell’industria globale da pochi attori, capaci di fare il bello e il cattivo tempo. 

Dal Gold Standard al Fiat Standard

Allo stesso modo, con l’annuncio del Presidente americano Richard Nixon il 15 agosto del 1971 – il Nixon Shock – si decretò la fine del Gold Standard, cioè si ebbe la fine della convertibilità del dollaro statunitense in oro, e si passò a un sistema basato sulla valuta fiat. Tale sistema, tuttora vigente, fa sì che il valore della valuta in questione, come potrebbe essere il dollaro USA, sia sostenuto esclusivamente dalla fiducia economica e politica di cui gode il governo emittente, nel nostro caso quello americano.

Questo passaggio, così come nel caso precedente, in qualche modo creò una situazione più “democratica” e discrezionale: se prima i governi facevano molta fatica nel finanziare grandi progetti di spesa pubblica, poiché vincolati al sottostante aureo, adesso hanno il controllo totale della moneta circolante e possono permettersi una maggiore flessibilità nella gestione dell’economia. Ma anche qui, seguendo la stessa logica di prima, c’è un tema legato all’accentramento, dal momento che il potere monetario, inteso come la capacità di controllare e gestire le politica economica, è concentrato nelle mani di pochi attori, le banche centrali – come la Federal Reserve o la Banca Centrale Europea

Tale centralizzazione, per quanto efficace nel regolare inflazione e scenari di crisi, non è assolutamente priva di rischi e, soprattutto, si basa molto sulla componente umana, fallace per definizione, come dimostrato durante la crisi dei mutui subprime del 2008. Il risultato finale è che, spesso, l’economia mondiale può muoversi in diverse direzioni in funzione delle decisioni di un manipolo di alti funzionari. Quando va bene evviva!, ma quando va male? 

La morale della favola: Bitcoin e decentralizzazione

La concentrazione di tanto potere in poche mani non è mai una cosa buona. Politica, economia, finanza, riunioni di condominio, gruppi di progetti universitari e squadre di calcetto funzionano male quando un’unica entità decide per tutti. Bitcoin nasce proprio per questa ragione: restituire il potere agli individui ed eliminare gli attori centrali ingombranti, o comunque ridurne l’autorità decisionale; sfruttare la decentralizzazione per creare un sistema democratico, dove ci si interfaccia tra pari senza la necessità di intermediari che, in qualche modo, decidano per il singolo o ne condizionino le scelte. Naturalmente, questa è solamente una tra le qualità e i casi d’uso di Bitcoin nel mondo reale. Se questa introduzione ti ha fatto scattare qualcosa, il consiglio è di dare un’occhiata a quanto abbiamo scritto sulla storia e sul funzionamento di BTC, per avere un’idea chiara e completa sulle potenzialità rivoluzionarie della regina delle criptovalute. 

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