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Chi era Aaron Swartz? La storia della lotta per la libera informazione 

EC
Elisa Campaci

5 min

Aaron Swartz: la storia di una lotta per la libera informazione

La storia di Aaron Swartz a dieci anni dalla sua scomparsa ci fa riflettere ancora sulle sfide di internet e dell’informazione

Chi era Aaron Swartz? Con una definizione sbrigativa potremmo dire: statunitense, programmatore, attivista per la libertà di informazione su internet. Ma la sua vita non si esaurisce qui. È stato definito “piccolo genio dell’informatica”, “ragazzo prodigio”, “padre fondatore di internet”, “combattente”. Come spesso succede, dietro a tutti questi appellativi c’era una persona con tutti i suoi punti di luce ed ombra. Al di là del mito, ha aperto un dibattito e seminato spunti che i posteri continuano a cogliere da allora. Swartz ha lavorato per rendere le informazioni online accessibili a più persone possibili, proprio nello stesso periodo storico in cui nasceva Bitcoin, il primo registro di informazioni distribuito e consultabile da tutti. La storia di Aaron Swartz viene raccontata ancora oggi perché affronta dei temi chiave per capire internet come lo conosciamo oggi. 

Cosa ha fatto Aaron Swartz in poche parole

Esattamente dieci anni fa, Aaron Swartz si toglieva la vita senza lasciare spiegazioni. Anche se non lasciò nessun biglietto o messaggio, non è difficile collegare il motivo di questo gesto alle sue preoccupazioni per il processo in cui era coinvolto. Il programmatore infatti era stato accusato di frode informatica e telematica e furto di informazioni e rischiava trentacinque anni di carcere. 

Classe 1986, a quattordici anni contribuì a sviluppare, nella sua versione 1.0, il software RSS che viene utilizzato per la diffusione dei contenuti sul web. Poco dopo si unì al gruppo di lavoro del World Wide Web Consortium dove lavorò a stretto contatto con il fondatore del World Wide Web, Tim Berners-Lee.

Questo il tweet che Berners-Lee scrisse dopo la morte di Swartz. 

Aaron Swartz fu una delle menti di Creative Commons e di Open Library, un database di libri e documenti gratuito. Fondò inoltre la società di software Infogami e Reddit. Tra le altre cose, il programmatore viene ricordato come figura che si è opposta all’idea e allo stile di vita mondano dei suoi colleghi nella Silicon Valley. Come portatore di ideali “puri” e perseverante nel suo attivismo politico e tecnologico. 

Il processo 

I problemi legali arrivarono per lui nel 2010 quando scaricò illegalmente, attraverso la rete del Massachusetts Institute of Technology, quasi cinque milioni di articoli e di documenti da JSTOR. Ovvero un archivio digitale di stampo accademico. Nonostante JSTOR avesse deciso di non denunciarlo, Swartz venne ugualmente incriminato dai procuratori federali con tredici capi d’accusa. La vicenda suscitò delle perplessità e una percezione di “accanimento” nei confronti di un crimine di hacking molto simile a tanti scherzi goliardici degli studenti del MIT. D’altro canto le accuse sembrarono più che lecite alla luce delle delicate questioni di copyright. Il processo ebbe una grande risonanza e acquisì una serie di significati ideologici. Così come accadde con la sua tragica morte di cui, per molti, è direttamente responsabile il governo. 

Chi era Aaron Swartz? Ce lo dice il Guerilla Open Access Manifesto

L’obiettivo guida di tutto il lavoro di Swartz è stato rendere i contenuti su internet gratuiti e aperti a tutti. Nel 2008 il programmatore pubblicò un documento intitolato “Guerilla Open Access Manifesto”, il punto di partenza del testo è che l’informazione è potere e come tutte le forme di potere, anche questa viene controllata da un gruppo ristretto di persone. L’accesso a certe informazioni rimane un privilegio per pochi perché molte risorse come documenti, articoli, ricerche e libri si possono consultare solo a pagamento. Swartz si chiede come questo sia possibile, internet non era nato con lo scopo di rendere i contenuti liberi? 

Il Manifesto invita scienziati, ricercatori, scrittori, giornalisti e studenti ad abbandonare la logica del diritto d’autore e pubblicare le loro produzioni online in modo che potesse essere letta da tutti senza discriminazioni. Swartz scrive: “Dobbiamo acquisire le informazioni, ovunque siano archiviate, farne copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che è fuori dal diritto d’autore e caricarlo sull’archive del web. Dobbiamo acquistare banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sul web in file-sharing”. 

In questo documento c’è moltissimo della figura di Swartz, dall’interesse per i diritti digitali alla lotta delle logiche capitalistiche. 

Fun fact: il Guerilla Open Access Manifesto è stato scritto e pubblicato in Italia, durante un viaggio di Swartz. 

Informazione libera, ma come?

Il progetto di liberazione dei contenuti online metteva in discussione logiche di mercato, aspetti legali, il controllo delle attività su internet. Tutti aspetti che rivelarono subito la complessità della missione di Aaron Swartz. In un discorso tenuto durante la conferenza Freedom to Connect del 2012 ha lanciato questa provocazione: “condividere un video su BitTorrent è come rubare in un negozio di cinema o come prestare una videocassetta a un amico? La libertà di connessione è come la libertà di parola o come la libertà di uccidere?”. Il download dei documenti di JSTOR è stato un atto radicale con dietro un’idea ben precisa, per quanto non condivisibile. Un gesto che prova a mettere i bastoni tra le ruote a un sistema da ripensare completamente. L’informazione libera è possibile solo quando condivisa e, ancora prima, prodotta in quest’ottica. Solo se vengono rispettati i diritti di tutti. 

La storia di Aaron Swartz continua ad ispirare gli attivisti, racconta il bisogno di mettere in discussione qualcosa quando ci sta stretto. Anche quando sono realtà gigantesche come un intero sistema legislativo o società che accentrano il potere e le decisioni sul bene comune. Uno dei motivi per cui ricordiamo Swartz è per aver sottolineato il valore della decentralizzazione. Il suo impegno per un “mondo che va aggiustato” spinge ancora a darsi da fare per trovare soluzioni utili. 

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