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Italia e Germania: insieme, nel bene e nel male

GA
Giuseppe Avolio

10 min

Italia e Germania: insieme, nel bene e nel male

Italia e Germania. Quante volte ci siamo scontrati? Tra calcio, cibo e stile di vita, tante. Se prendiamo l’economia, però, siamo molto vicini. Come?

Italia e Germania, due nazioni, due popoli, due sistemi di pensiero apparentemente inconciliabili, le cui rivalità si notano in ogni settore della vita quotidiana: nelle partite di calcio, nella cucina, nella teutonica organizzazione contrapposta all’italica dolce vita, nel vestirsi, nel sandalo col calzino. Quando parliamo delle due economie, però, tutto cambia e l’interconnessione è evidente. In questo articolo, snoccioleremo un report della Banca d’Italia e vedremo in che modo e come questo stretto legame condiziona le relative economie. Partiamo!

Italia e Germania: quanto sono interdipendenti le due economie? 

Italia e Germania, stando al report della Banca d’Italia “Sincronizzazione e trasmissione: L’effetto del rallentamento tedesco sul ciclo economico italiano”, sono due economie fortemente e profondamente interconnesse e, di conseguenza, sincronizzate. Questa stretta interdipendenza si osserverebbe soprattutto nelle correlazioni tra due dei principali indicatori dell’attività economica: Produzione Industriale (PI) e Prodotto Interno Lordo (PIL). Il report, poi, ci spiega che nel periodo della “doppia recessione” – o duble-dip, una fase in cui due momenti di contrazione sono intervallati da uno di ripresa – degli anni 2008-2013, le correlazioni tra le due PI e quelle tra i due PIL sono state “eccezionalmente elevate”. Entrando nel dettaglio, ma non troppo: 

Italia e Germania a confronto: la Produzione Industriale

La Produzione Industriale, in macroeconomia, fa riferimento a tutte quelle attività che trasformano materie prime, energie e informazioni in beni di consumo. In altre parole, è il processo attraverso cui diversi elementi, ovvero l’input, vengono combinati insieme al fine di generare prodotti finiti, cioè l’output. I dati (Eurostat) relativi a questo indicatore per le economie italiana e tedesca, ci indicano che la sincronizzazione è rimasta notevolmente forte nel tempo. Ma quanto? Tanto, quasi il massimo: a partire dal 2009, la correlazione della Produzione Industriale è rimasta stabile su livelli elevati, vale a dire su valori superiori a 0,8, arrivando anche a toccare 0.9.

Per chi non fosse avvezzo ai numeri o alla statistica, la correlazione si misura con un coefficiente numerico, detto appunto coefficiente di correlazione, che va da -1 a +1. Per cui, se il valore del coefficiente è molto vicino a -1, significa che c’è un rapporto di correlazione negativa quasi perfetta, ovvero che i due fenomeni si muovono in direzioni opposte. Se, invece, il valore si aggira intorno allo 0, allora il rapporto è molto debole, quasi inesistente, Se, infine, il valore è prossimo a +1, allora i due fenomeni si muovono nella stessa direzione con forza simile.

Il fatto che, nel caso della Produzione Industriale, il valore del coefficiente abbia costantemente superato 0.8 arrivando nei pressi di 0.9, indica che i movimenti di crescita o contrazione dell’industria italiana dipendono, o comunque seguono con la stessa entità, quelli dell’industria tedesca. 

Italia e Germania a confronto: il Prodotto Interno Lordo

Anche qui, il report ci mostra come la correlazione fra il PIL tedesco e quello italiano sia stata abbastanza forte, sebbene con un andamento più variabile rispetto a quello misurato con la PI. Se diamo un’occhiata ai dati, il valore del coefficiente di correlazione è stato intorno a 0.8 nel periodo della doppia recessione – 2008-2013 – come un po’ in tutta l’Eurozona, per poi diminuire fino al 2018. In quest’anno, infatti, si è toccato il minimo storico a 0.25, che ha rappresentato il bottom del trend discendente.

Da quel momento la correlazione fra i due PIL è tornata a crescere col picco massimo registrato durante la recessione globale causata dalla pandemia da COVID-19. Ricordiamo, sempre a chi litiga coi numeri, che quando il valore cresce non significa che il PIL cresce, o viceversa: la correlazione misura l’intensità e la direzione dei movimenti, a prescindere dalla dimensione presa in considerazione. Sarebbe come dire “quando c’è bel tempo ci sono più persone al parco” e dedurre che, effettivamente, se c’è il sole la gente va al parco. A noi interessa capire se una relazione tra i due fenomeni esiste, non se chi va al parco si legge un libro, gioca a scacchi o pianifica l’invasione dello stato del Burmini – +10 punti se hai beccato la reference. 

In ogni caso, dalla Banca d’Italia ci comunicano che questa correlazione sui PIL non è casuale ma frutto dell’interconnessione fra i due sistemi economici, anche in ragione degli intensi scambi commerciali. Conseguentemente, è lecito affermare che i cicli economici di Italia e Germania mostrano dinamiche fortemente analoghe

Quali sono i settori più strettamente interconnessi?

Italia e Germania, come è stato dimostrato, sono due economie che viaggiano insieme, nel bene e nel male. Ma, volendo andare più in profondità, quali sono i settori più fortemente interdipendenti? Senza alcun dubbio, la risposta è: i settori manifatturieri. Infatti, i comparti e le filiere legate alla manifattura hanno un ruolo di grande rilievo nell’architettura delle due economie: in Germania rappresentano circa il 20% del PIL, in Italia il 17%. Se entrambe le nazioni, così interconnesse, condividono una presenza della manifattura pari quasi a un quinto della produzione economica totale, è logico supporre che le fortune di una faranno le fortune dell’altra e viceversa. 

Riguardo a quest’ultimo punto, è di stretta attualità il caso del forte rallentamento del settore dell’automotive. Il report, come vedremo anche in seguito, si occupa soprattutto del biennio 2018-2019 e ci spiega come gli “ostacoli” – tra virgolette, perchè si parla di nuove procedure di test delle emissioni – che hanno intralciato l’espansione dell’industria automobilistica tedesca, abbiano avuto ricadute pesanti anche in Italia. Questo, come sappiamo, non è un caso.

Un dato interessante, che dimostra quanto Italia e Germania siano in sinergia, è che lo Stato tedesco è il primo mercato di vendita per le imprese italiane, col 13% delle esportazioni – nel 2019. Inoltre, una “quantità considerevole” di produttori italiani di componenti automobilistiche – che nel Belpaese rappresentano quasi il 3% dell’indice della Produzione Industriale – esportano lì i loro prodotti. Il report, infine, conclude questa sezione avvertendoci sul fatto che, sebbene l’automotive sia un “traino significativo e un canale primario di trasmissione”, il rallentamento dell’economia tedesca ha effetti a livello sistemico, vale a dire intersettoriale, e non è limitato a quell’ambito in particolare. Tradotto, significa che una contrazione dell’economia di Berlino, per quanto concentrata sulle auto, ha implicazioni negative sull’economia di Roma nel suo complesso, a testimonianza dello stretto legame fra le due. 

La connessione fra Italia e Germania all’opera: il caso studio del 2018-2019

Come abbiamo anticipato, il report della Banca d’Italia prende in esame il rallentamento dell’economia tedesca nel 2018-2019 e studia le conseguenze di questo stop sull’economia dell’Italia, proprio per evidenziare le correlazioni di cui abbiamo parlato. Il dato politico che emerge, per spoilerare, è che questa frenata del settore manifatturiero tedesco ha avuto un impatto negativo e simultaneo sul PIL italiano, calcolato in circa l’1% del Prodotto Interno Lordo – nel 2019, il PIL italiano ammontava a quasi 2 trilioni di euro, dunque la perdita (o il mancato guadagno) si attesta sui 20 miliardi. Andiamo a dare un’occhiata a qualche dato.  

Effetti sull’economia tedesca

Il famoso rallentamento, ci dice il report, è iniziato nel Q1 – cioè nel primo trimestre – del 2018, per assumere proporzioni significative a partire dal Q3 dello stesso anno. In questo periodo, naturalmente, il settore manifatturiero ha visto una crescita modesta – ma non quello dei servizi, che si è dimostrato più solido. Questa flessione, secondo gli analisti, sarebbe dovuta a shock interni alla Germania, piuttosto che da eventi destabilizzanti a livello europeo. 

Nello specifico, si parla di “fattori temporanei” che hanno ostacolato la crescita tra cui: alti livelli di assenze per malattia, condizioni climatiche molto rigide che hanno inciso sul trasporto fluviale, scioperi e, forse il più rilevante, l’introduzione di una nuova procedura per il controllo delle emissioni, detta WLTP, implementata in seguito allo scandalo Dieselgate – ne abbiamo parlato brevemente nell’articolo sui fondi ESG. La procedura WLTP ha avuto un impatto non proprio leggero sulla filiera di produzione delle auto: i ritardi nell’ottenere tutte le certificazioni di conformità hanno creato un effetto a catena tale da sospendere l’assemblaggio di molti modelli, posticipando consegne e vendite. È facile immaginare gli effetti devastanti sull’indotto, dato che parliamo di un settore industriale che rappresenta un quinto del PIL: fabbriche di pneumatici, produttori di sedili, aziende che realizzano sistemi elettronici, fornitori di acciaio e plastica, aziende di logistica per il trasporto dei componenti, officine meccaniche e così via. 

Nel caso in cui avessi una creatività e un’immaginazione non troppo sviluppate, l’Unione Europea ha quantificato che, senza questo calo tanto improvviso quanto persistente, il PIL tedesco nel 2018 sarebbe stato di 0,6 punti percentuali più alto – circa 24 miliardi di euro. Il dato è ancora più incredibile se si va a isolare il mancato apporto del settore manifatturiero: se in media questo era di circa lo 0,8% (sul PIL), nel 2018 si aggirava intorno allo 0,2% e nel 2019 era addirittura negativo (-0,8%)

Ricadute sull’economia italiana

Per calcolare il contraccolpo del rallentamento tedesco sull’economia italiana, oltre alle misurazioni di natura macroeconomica, gli autori del report hanno diviso le imprese italiane in gruppo sperimentale e gruppo di controllo: nel primo gruppo, naturalmente, rientravano le imprese esposte al mercato tedesco, nel secondo quelle che esportavano in altri paesi o che non esportavano proprio. 

Poi, hanno ulteriormente suddiviso la misurazione in indicatori di sentiment e indicatori di valutazione. Il primo tipo col compito di valutare le percezioni delle imprese sull’economia italiana e sulle condizioni commerciali dell’impresa stessa, a tre mesi e a tre anni. Il secondo tipo con lo scopo di chiedere a queste aziende delle valutazioni sul futuro a livello di decisioni economiche concrete: domanda attuale e prevista, piani di investimento, eventuali assunzioni di dipendenti e via dicendo. 

Ça va sans dire, nel 2019 entrambi gli indicatori sono risultati peggiori per le imprese che rientravano nel gruppo di controllo, ovvero quelle che erano fortemente legate al tessuto economico tedesco. Queste aziende, in particolare, si attendevano una domanda più bassa, proprio a causa della contrazione tedesca, che, con un po’ di ritardo, si è tradotta in un atteggiamento conservativo di riduzione degli investimenti e delle assunzioni

Per concludere, come abbiamo spoilerato all’inizio, la crisi del settore automobilistico tedesco ha comportato per l’economia italiana una perdita stimata in un punto percentuale di PIL, principalmente nel 2019. Anche gli investimenti delle imprese esportatrici in Germania sono calati del 2,5%, mentre non sono state registrate ripercussioni sull’occupazione. 

Qual è la situazione attuale?

Italia e Germania, come è logico che sia, restano due sistemi economici estremamente intrecciati. Stando ai dati che ci comunica l’ISTAT, nel 2022, il valore complessivo degli scambi commerciali tra Germania e Italia ha raggiunto circa 168,5 miliardi di euro, con esportazioni italiane per 77,5 miliardi e importazioni dalla Germania pari a 91 miliardi. Nel 2023, l’interscambio ha toccato i 164 miliardi di euro, suddivisi in 75 miliardi di esportazioni italiane e 89 miliardi di importazioni tedesche. Nel 2024, la somma ammontava a circa 155 miliardi di euro, ripartiti in 70 miliardi di export e 85 miliardi di import. Infine, il Q1 del 2025 ha registrato un valore totale di 40 miliardi di dollari – 19 miliardi in entrata contro 21 miliardi in uscita. Insomma, dal punto di vista economico, la Germania rappresenta il principale partner commerciale dell’Italia, sia come destinazione principale delle esportazioni italiane, sia come principale fonte delle importazioni nel nostro Paese.

Siamo arrivati al termine di questo viaggio alla scoperta delle connessioni e delle interazioni che caratterizzano il rapporto economico tra Italia e Germania, nel bene e nel male. Anche lo “scontro sociale” tra italiani e tedeschi è destinato a durare a lungo e magari su qualche cosa hanno pure ragione loro. Ma… 

via al contropiede con Totti, dentro il pallone per Gilardino… Gilardino la può tenere anche vicino alla bandierina, cerca l’uno contro uno, Gilardino, dentro Del Piero, Del Piero… Goooool! Aleeex Deeel Piero! Chiudete le valigie! Andiamo a Berlino! 

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