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Perché il prezzo del pane aumenta?

GA
Giuseppe Avolio

6 min

Perché il prezzo del pane aumenta?

Il prezzo del pane è lievitato negli ultimi anni: un chilo, in Italia, costa mediamente il 33% in più rispetto al 2021. Per quale motivo?

Il pane comune, essendo un bene di prima necessità, in Italia è sottoposto a una tassazione super-ridotta, con l’IVA al 4%. Nonostante ciò, negli ultimi anni abbiamo assistito a un rialzo sul prezzo euro/chilo che ha avuto effetti netti sulla spesa media delle famiglie italiane. Quali sono le ragioni dietro questo aumento? 

Il prezzo del pane in Italia: la differenza fra Nord, Centro, Sud e Isole

Il prezzo del pane, come quello di molti beni di consumo, cambia di in base alla parte della Penisola in cui ci troviamo, a causa delle differenze relative al costo della vita: nel Nord Italia vivere costa mediamente di più rispetto al Sud, anche se poi esistono variazioni di carattere regionale e persino cittadino. 

Per capire quanto effettivamente sia cresciuto il prezzo di un chilo di pane, abbiamo analizzato i cambiamenti dal 2021 al 2025 – forniti dall’Osservatorio Prezzi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy – prendendo in considerazione le due città più rilevanti dell’area geografica in questione: Milano e Torino per il Nord, Roma e Firenze per il Centro, Napoli e Bari per il Sud e Palermo e Cagliari per le Isole. 

Nord Italia

Nel giugno del 2021, a Torino e a Milano un chilo di pane costava rispettivamente 3,03€ e 4,20€, mentre nel giugno del 2025 erano necessari 3,98€ e 4,93€. Ciò equivale a un aumento del prezzo medio del 31,35% a Torino e del 17,38% a Milano. Nel complesso, se volessimo utilizzare queste due città per fotografare i cambiamenti nel Nord Italia, il prezzo del pane in questa area è salito del 23,24%

Centro Italia 

Per il Centro, come anticipato, abbiamo preso in considerazione le città di Firenze e Roma: nel giugno del 2021, un chilo di pane costava 2,22€ nel capoluogo toscano e 2,65€ nella Capitale. Cinque anni dopo, la stessa quantità viene esposta, nell’ordine, al prezzo di 3,33€ e 3,41€. La città di Dante ha visto un rialzo mostruoso, pari al 50%, mentre l’Urbe se l’è cavata un po’ meglio, con aumenti del 28,68%. Complessivamente, nel Centro Italia un chilo di pane costa il 38,40% in più rispetto al 2021. 

Sud Italia

Nel Sud il costo della vita è tendenzialmente più basso: un’indagine del 2024 del Codacons ha classificato Napoli come la città più economica d’Italia (e Bari la più costosa del Sud). In ogni caso, nel giugno del 2021 a Napoli il pane costava 1,88€/kg contro i 2,90€ di Bari. Nel 2025, invece, si parla di 2,42€ e 4€. Siamo dunque di fronte ad aumenti pari al 28,72% nel primo caso e 37,93% nel secondo, mentre a livello globale il rincaro ammonta al 34,31%

Isole

Nonostante finora abbiamo utilizzato le due città più popolose dell’area geografica in questione per descrivere i cambiamenti di prezzo, per le Isole abbiamo fatto un’eccezione: Cagliari infatti possiede meno abitanti di altre città siciliane, come Catania o Messina, ma era necessario rappresentare la Sardegna. Ma andiamo avanti.

A Palermo nel 2021 un chilo di pane veniva venduto a un prezzo medio di 2,96€, mentre a Cagliari la cifra si attestava sui 3,12€. Nel giugno del 2025, per la stessa quantità i siciliani dovevano spendere 4,4€ e i sardi 4,11€. Si tratta di rialzi del 48,65% e del 31,73%. In generale, nelle Isole si spende il 39,97% in più rispetto a quattro anni fa.  

Quali sono le cause?

Come è ovvio, non esiste un’unica causa dietro a un rincaro così importante. Si tratta di una serie di fattori interconnessi che vanno a impattare, in modo diretto e indiretto, la produzione del grano duro, fondamentale per la panificazione.

Cambiamento climatico tra siccità e alluvioni

Per esempio, il cambiamento climatico agisce direttamente sulla produzione del cereale, dal momento che i raccolti dipendono soprattutto dalla qualità del clima: siccità o, al contrario, alluvioni più frequenti e devastanti, hanno un impatto notevole sulla quantità di grano che la terra può produrre. Meno grano a disposizione si traduce in un rialzo dei prezzi, come vuole la legge della domanda e dell’offerta

Guerra in Ucraina: impatto diretto e indiretto

Anche la guerra in Ucraina, iniziata nel 2022 in seguito all’invasione russa, ha un ruolo di primo piano nell’aumento dei prezzi, per motivi diretti e indiretti.

L’Ucraina, infatti, è chiamata il “granaio d’Europa” proprio grazie al suo ruolo storico di esportatrice di prodotti agricoli, in particolare cereali. Allo stesso modo, la Russia produce grandissime quantità di cereali, che poi vende al resto del mondo. È chiaro, perciò, come un conflitto così totalizzante e prolungato nel tempo abbia una responsabilità diretta sulla riduzione delle tonnellate di grano raccolto. 

Questa guerra, però, ha influenzato il costo del grano anche in modo indiretto, colpendo il settore energetico, elemento chiave nella produzione agricola. Con l’inizio degli scontri e l’affrancamento dell’Unione Europea dal gas russo, il prezzo dell’energia è salito in modo quasi incontrollato. Quando l’energia costa di più, crescono di conseguenza i costi di trasporto, marittimo e su gomma, e di produzione, fra macchine agricole e forni. Chi paga questi incrementi di prezzo? Il consumatore finale.

Ma alla fine si parla sempre di inflazione 

Eh si, si torna sempre alla nemica numero uno dei nostri risparmi: se il consumatore spende di più per comprare la stessa quantità di un bene, significa che il denaro vale di meno rispetto al passato  – nel caso che abbiamo appena analizzato, il 33% in meno. 

Purtroppo non finisce qui, perché l’inflazione, oltre ad agire in modo diretto sui prezzi, presenta anche degli effetti collaterali. Cosa significa? Molto semplicemente potremmo parafrasare il famoso detto “vincere aiuta a vincere” con la nostra originale versione l’inflazione aiuta l’inflazione: se il costo di un bene aumenta a causa di fattori come quelli precedentemente descritti, è molto probabile che produca delle conseguenze anche su beni che, in realtà, non avrebbero ragione di crescere di prezzo.   

Banalmente, quanto detto vuol dire che, da una parte c’è un fornaio obbligato ad alzare il prezzo del pane, poiché a monte paga di più il grano stesso e l’energia per mandare avanti l’azienda. Ma dall’altra, potrebbe esserci un dentista – esempio casuale, amiamo i dentisti – che aumenta di un tot% la fattura perché ha bisogno di più soldi per vivere (tutto costa di più) o perché… tanto lo fanno tutti. Si instaura un circolo vizioso che, nel tempo, è destinato a diventare la normalità: una tazzina di caffè al bar, che prima costava 1€, adesso vale 1,20€. Pensi che torneremo al prezzo di qualche anno fa? No, non ci torneremo mai. Anzi, l’obiettivo sarà evitare che arrivi a 1,50€ troppo in fretta.

Una soluzione necessaria

Dobbiamo proteggerci e trovare una soluzione per impedire che l’inflazione eroda lentamente e inesorabilmente il nostro denaro. Come? A noi, per esempio, piace molto Bitcoin. Siamo talmente convinti di questa scelta che ci abbiamo costruito sopra una campagna dal titolo “Bitcoin Protegge”. Magari ci hai visto nelle principali spiagge italiane, dalla costiera amalfitana alla riviera romagnola. 
Siamo arrivati alla fine di questo mini viaggio alla scoperta dell’economia del pane: ti eri accorta/o di questa situazione? O hai preso consapevolezza della realtà leggendoci? In ogni caso, seguici sul nostro canale Telegram per restare aggiornata/o sulle notizie che contano, dall’economia alla geopolitica, con un occhio sempre attento sui mercati.

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