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Generazione Z e il fenomeno dei Neet: cause e conseguenze

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Filippo Iachello

6 min

Generazione Z e il fenomeno dei Neet: cause e conseguenze

Sempre più giovani della Generazione Z diventano Neet (not in education, employment or training). Scopri le cause e le possibili conseguenze del fenomeno

Il modo in cui i Gen Z si approcciano al mondo del lavoro è totalmente diverso rispetto a quello delle generazioni precedenti. Tuttavia, la crescita dei cosiddetti Neet, ovvero di chi decide di non dedicarsi a percorsi di istruzione, lavoro o formazione, preoccupa le istituzioni. Quanti sono i Neet in Europa? Sono in crescita rispetto agli anni passati? Cosa spinge i più giovani a fare questa scelta?

In questo articolo, attraverso un’analisi dei dati più recenti sulla disoccupazione, cercheremo di fornire un quadro completo della situazione.

Cosa significa NEET?

L’acronimo “Neet” (dall’inglese Neither in Employment nor in Education and Training) coniato dal Ministero dell’Interno del Regno Unito nel 1986, viene oggi utilizzato per indicare i giovani compresi tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione.

Come si può intuire dal significato dell’acronimo Neet, si tratta di una categoria ombrello, sotto la quale sono comprese situazioni e persone le cui caratteristiche sono molto diverse tra di loro. In ogni caso, sopratutto negli ultimi anni, è emerso che le problematiche che affliggono questa categoria di giovani, spesso contemporaneamente, sono principalmente tre: scoraggiamento, emarginazione e disoccupazione.

Un fenomeno in crescita

Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), nel 2022 quasi un quarto dei giovani (23,5%) nel mondo era Neet, un dato superiore ai livelli pre-pandemia. Perciò è probabile che il Covid-19 abbia contribuito ad aumentare il numero di giovani ai margini del sistema educativo e occupazionale.

Ma la pandemia ha generato o “soltanto” intensificato un fenomeno già in crescita? Secondo l’ILO più la seconda, dato che i membri della generazione Z potrebbero essersi scoraggiati dopo aver perso, per qualche mese, l’opportunità di viaggiare all’estero o di lavorare fisicamente all’interno delle aziende. 

Secondo l’ILO, è cruciale intensificare gli sforzi per ridurre i tassi di Neet giovanile, poiché quasi 289 milioni di giovani sono esclusi dal mondo del lavoro e dello studio, con un impatto duraturo sul loro futuro economico e professionale.

Per avere un quadro completo sulla questione, però, possiamo analizzare la situazione descritta da Eurostat. Secondo l’ufficio statistico dell’Unione europea, la media UE dei Neet si aggira intorno all’11%. In Italia questa categoria trova maggior riscontro nella fascia compresa tra i 25 e i 29 anni di età, dove i Neet sono il 25,2%, percentuale che poi si riduce per gli scaglioni successivi: 21,5% tra i 20 e i 24 anni e 10,1% tra i 15 e i 19 anni.

Le categorie di NEET

Dopo aver compreso quanti sono effettivamente i Neet in Italia e come sono suddivisi, è il momento di cercare di comprendere i motivi principali che portano i giovani a rientrare all’interno di questa condizione. Per farlo ci viene in soccorso una ricerca svolta da Intesa San Paolo in collaborazione con l’università LUISS, che mette in evidenza le tipologie di Neet più comuni.

Una delle principali cause che porta i cittadini italiani a non intraprendere un percorso di studi o lavorativo è causato dalla dispersione scolastica, vissuta principalmente da individui maschi in età compresa tra i 15 e i 19 anni. Una grande percentuale di questi non porta a termine gli studi e, al contempo, non esplora il mondo del lavoro, rimanendo nel limbo.

Anche tante giovani madri vanno in contro allo stesso destino. Si tratta, generalmente, di ragazze single di età compresa tra i 25 e i 29 anni, che non possiedono o non cercano un lavoro. Un’altra categoria molto popolosa è quella delle giovani ventenni che svolgono lavoretti: sono generalmente ragazze single, tra i 20 e i 24 anni, possiedono un titolo di studio secondario, sono impiegate in lavori temporanei e non trovano occupazioni stabili.

Infine ci sono, probabilmente, le due categorie che vivono con maggior disagio e disillusione la condizione di Neet. Gli scoraggiati: giovani di età compresa tra i 22 e i 27 anni che hanno frequentato gli ultimi anni di formazione in lockdown, vivendo una difficile transizione tra scuola e lavoro. E i “troppo qualificati.” Individui di età compresa tra i 20 e i 29 anni, disoccupati e spesso in attesa della prima occupazione, in possesso di un titolo di studio elevato, disponibili al lavoro, ma che non trovano corrispondenza tra le loro competenze e quelle richieste dal mercato del lavoro.

Perché ci sono sempre più Neet?

La vita da Neet non sempre implica una visione negativa del futuro. Secondo quanto emerso dalla ricerca di Eurostat molti giovani scelgono volontariamente di rientrare in questa condizione, rivendicando il loro spazio di “attesa” fino a quando non trovano un lavoro che sia in linea con le loro aspettative di sicurezza e appagamento

In alcuni casi quest’idea scaturisce da un sentimento crescente di disillusione nei confronti della cosiddette corporate fra i giovani, che vedono le grandi aziende come sfruttatrici dei lavoratori. Questo rifiuto del tradizionale “corporate life” si riflette anche sui social media, dove l’hashtag #corporatelife è utilizzato per esprimere l’insoddisfazione verso le dinamiche lavorative moderne.

Alcuni giovani preferiscono, quindi, rifiutare lavori ritenuti alienanti e attendere opportunità che considerano più significative. Laurie Cure, manager della società di consulenza Innovative Connections, sostiene che questa generazione, avendo vissuto periodi di instabilità economica, preferisce lavori che offrano sicurezza e soddisfazione personale. Essere Neet, in questo contesto, non significa evitare il lavoro, ma cercare quello giusto e sufficentemente appagante. Questo atteggiamento riflette un cambiamento significativo nella percezione del lavoro: non più solo un mezzo di sostentamento, ma un elemento che deve avere un significato intrinseco e positivo per l’individuo.

Effetti a lungo termine e criticità

Sebbene per molti giovani la scelta di essere Neet possa sembrare una ribellione positiva verso un sistema lavorativo insoddisfacente, ci sono anche delle criticità da considerare. Gli esperti di carriera avvertono che rimanere disoccupati per troppo tempo può avere effetti negativi a lungo termine, limitando le opportunità future di inserimento nel mercato del lavoro e riducendo le competenze professionali acquisite. Inoltre, in un mercato sempre più competitivo, periodi di inattività prolungata possono rappresentare un ostacolo per ottenere un’occupazione stabile.

Nonostante ciò, per molti giovani della Generazione Z, aspettare l’opportunità giusta è preferibile rispetto ad accettare un lavoro che non li soddisfi o che li renda infelici. La pandemia ha accentuato l’importanza della salute mentale e del benessere personale, e per questa nuova generazione, un lavoro deve anche garantire qualità di vita e soddisfazione. Questo nuovo approccio al mondo del lavoro riflette cambiamenti culturali profondi, che mirano a una visione più umana e appagante dell’occupazione.


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