
Sono usciti i dati sull’occupazione negli Stati Uniti: Non Farm Payrolls e disoccupazione. Come hanno reagito i mercati?
Nella giornata di venerdì 5 settembre il Bureau of Labour Statistics americano ha comunicato i dati relativi all’occupazione. Nello specifico, sono uscite le rilevazioni sui Non Farm Payrolls, cioè i nuovi posti di lavoro creati al netto del settore agricolo, e sul tasso di disoccupazione. Qual è la situazione? Come si sono comportati i mercati e perchè?
I dati: Non Farm Payrolls e tasso di disoccupazione
Andiamo subito al sodo: i Non Farm Payrolls sono cresciuti di 22.000 unità, un dato di molto inferiore rispetto alle aspettative che stimavano 75.000 nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione sale al 4,3% come previsto.
Le implicazioni
Come è noto, il mondo della finanza fremeva dalla voglia di conoscere queste rilevazioni, a causa di ciò che ha detto il Presidente della FED nel suo discorso a Jackson Hole. Sulla base di queste dichiarazioni, la catena logica che guida il comportamento di chi opera in borsa è la seguente: se i dati sui nuovi posti di lavoro creati sono negativi significa che il mercato del lavoro è in difficoltà, quindi il prossimo FOMC del 16-17 settembre deciderà di abbassare i tassi di interesse.
Questa opinione era la più popolare fino a qualche ora fa, tanto tra gli addetti ai lavori quanto tra i commentatori e gli osservatori esterni. Adesso, cioè dall’uscita dei dati sul lavoro, sembra praticamente l’unica possibile.
Il FedWatch del CME Group, uno strumento che calcola le probabilità del taglio dei tassi da parte del FOMC sulla base dei prezzi dei futures sui Fed Funds, attualmente dà il “No Change” allo 0%. Ciò significa che, secondo questo tool, il FOMC nella prossima riunione non dovrà scegliere fra taglio e No Change, ma fra taglio di 25 punti base e taglio di 50 punti base. Per il FedWatch, queste ultime opzioni sono probabili rispettivamente all’88% e al 12%.
Anche su Polymarket gli scommettitori si aspettano un esito simile: la probabilità di No Change è data al 2%, il taglio di 25 punti base all’88%, mentre il taglio di 50 punti base al 10%.
Come hanno reagito i mercati?
Bene all’inizio, per poi peggiorare nelle ore successive. Proprio per la catena logica menzionata poco fa, era lecito aspettarsi un rialzo: abbassare i tassi di interesse, solitamente, spinge gli investitori verso asset più rischiosi, tra cui azioni e criptovalute. Tuttavia, i timori nei confronti dell’inflazione dirottano i capitali anche verso i beni rifugio, come l’oro e Bitcoin.
A proposito, nella giornata odierna – al momento in cui scriviamo – Bitcoin sta mettendo a segno un +0,3% e si aggira nella fascia compresa fra i 111.000$ e i 113.000$, così come Ethereum, che fa leggermente meglio guadagnando lo 0,7%: attualmente oscilla fra i 4.300$ e i 4.500$. Solana segue e sale dell’1,3% fermandosi fra i 205$ e i 209$. Chiudiamo questa sezione con la Total Market Cap, che prima cresce del 2% toccando i 3,85 trilioni di dollari, poi scende a 3,75 T, restando sostanzialmente invariata.
Passiamo ora al mercato tradizionale, che invece sta attraversando dei momenti un po’ più confusi, probabilmente per paura di una recessione imminente. C’è un po’ di rosso sparso per i principali indici azionari: Il Dow Jones attualmente sta perdendo lo 0,5%, così come il Nasdaq, giù dello 0,3%. Anche l’S&P500 e il Russell 2000 soffrono, in calo rispettivamente dello 0,5% e dello 0,4%.
Il DXY, che misura l’andamento del dollaro contro le principali sei valute mondiali, perde lo 0,64% mentre l’oro registra l’ennesimo All Time High: +1,04% e 3.600$ sfiorati.
What’s next?
Nei prossimi giorni, con ogni probabilità, assisteremo a un ulteriore attacco di Donald Trump nei confronti di Jerome Powell: il Presidente degli Stati Uniti attribuirà tutte le colpe del caso alla FED, accusando la banca centrale degli USA di essere troppo lenta nell’abbassare il costo del denaro.
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