Proof-of-Work
Il Proof-of-Work (PoW), letteralmente “prova del lavoro”, è l’algoritmo di consenso su cui si basano alcune blockchain per creare nuovi blocchi. In pratica, è il meccanismo con cui i nodi del network possono validare e memorizzare le transazioni di criptovalute. In più, dopo essere state inserite nei blocchi, le informazioni sugli scambi saranno immutabili. Il Proof-of-Work, in poche parole, è il processo che la rete di Bitcoin sfrutta per trovare un accordo decentralizzato sulla verità dei dati, senza dunque necessità di un’autorità centrale.
Il mining di Bitcoin, ad esempio, è basato su questo meccanismo: i nodi miner, usando hardware molto potenti, risolvono complessi calcoli matematici, così da creare un blocco ogni 10 minuti. Il primo nodo a trovare la soluzione all’enigma Proof-of-Work riceverà nuovi BTC in ricompensa, la cui quantità dimezza ogni 210.000 blocchi per il meccanismo di Halving.
L’obiettivo dei calcoli è trovare l’Hash del nuovo blocco, una sequenza alfanumerica prodotta da una funzione crittografica. Ottenere la combinazione giusta è molto difficile: si può procedere solo per tentativi perché, oltre ad elaborare dati nodi, è necessario generare ciclicamente dei numeri casuali, finchè si individua il codice corretto. L’Hash, in tal senso, costituisce la vera “Proof-of-Work”: è il risultato che dimostra la validità del lavoro svolto.
Il processo richiede l’uso di parecchia energia, al fine di sostenere gli hardware e la potenza di calcolo dei nodi. Infatti, ad elevata capacità di elaborazione, corrisponde maggiore probabilità di “vittoria” per un miner. Il Proof-of-Work, a tal proposito, è criticato proprio per l’alto consumo di elettricità e il relativo impatto ambientale. Tuttavia, alcuni miner hanno iniziato una vera e propria “transizione ecologica”: adottano misure di sostenibilità per il Proof-of-Work, scegliendo fonti rinnovabili come l’idroelettrico e l’energia geotermica.